alcune persone si lasciano dietro una scia traslucida ma indelebile. come la bava delle lumache... la notte piove, e le mattine dopo sono rigate da queste scie bavose e scintillanti.
è 9 agosto, la vigilia della notte di san lorenzo. sono le sette del pomeriggio ed ho fame.
sposto un pacco di cereali molto poco appetibili, di quelli che servono per far cagare.
in fondo allo scaffale c'è quella che sembra una bottiglia di spumante. come cazzo ha fatto a finire lì?
sembra una bottiglia di prosecco, ma il tappo non ha la gabbietta... la tiro fuori.
no, non è "finita lì": c'è stata messa!
ce l'ha messa mia madre: credo nascosta. in un modo o nell'alto accantonata lontano-dagli-occhi-lontano-dal-cuore.
riempio la vasca: acqua bollente, olio di magnolia, bollicine.
porto il pc in bagno, lo metto sul cesso, sparo il volume al massimo: mezzanine, in loop.
poggio un piattino bianco sul bordo della vasca, e ci metto dentro un paio di candele.
accendo l'incenso al cardamomo, quello in coni con il piccolo bracere di ghisa, quello che mi hai comprato nel marchè dietro casa perchè c'ero rimasta male per la storia della cena e tu avevi deciso di cedere alle bassezze e farti perdonare tramite ragali...
apro la madia e prendo il migliore ballon che ho in casa, quello immenso, di cristallo. una di quelle cose così preziose da non essere mai e poi mai usate, come il corredo, destinato a rimanere sotto qualche crollo post terremoto, o ad essere rotto in qualche trasloco.
stappo con rabbia e precisione, il rumore sordo è lo stesso di ogni sera e di ogni mattina e di ogni sbronza e di ogni cena di natale-pasqua-capodanno-compleanno... ma stavolta ha uno strano tono sacrale da celebrazione di funzione profana... risuona, nella casa vuota, e cade con un tonfo sordo sul fondo di una cavità che è stata scavata a 4 mani e che continuo a cercare di riempire... ma che rimane sempre un po' vuota
mi riempio il bicchiere al di là di quanto il galateo potrebbe accettare.
il colore è rosso intenso, così scuro da essere quasi opaco. sembra virare sul marrone. il calice rimane macchiato, il vino scorre sulle pareti come resina.
è buonissimo!
solo i francesi ti sanno regalare con noncuranza vini così buoni... come se ti stessero offrendo un kleenex o come se ti stessero porgendo l'accendino.
entro nella vasca e mi calo sotto per bagnare i capelli, e far entrare l'acqua bollente fin dentro alle radici. fin dentro al cervello... a lavare via tanti cattivi pensieri tristi.
una sola mano resta fuori, asciutta: un artiglio aggrappato attorno al calice brilla, nella luce dell'unica candela.
alcune cerimonie funebri vanno celebrate con tutti gli accorgimenti del caso...
e quindi brindo alle case vuote.
ai parenti in viaggio.
alle estati passate a caserta aspettando l'attimo cosmico di decisione collettiva che non arriva mai.
brindo ai viaggiatori immobili, all'attimo in cui ho deciso di curarmi di qualcuno che non fossi solo io stessa.
ai soffiatori di bicchieri da vino, a murano... o dovunque essi siano!
ai francesi persi sui pirenei.
e a mia madre... che mi conosce più dei palmi delle sue stesse mani... e che quest'inverno aveva capito che, forse, era il caso di nascondere quella bottiglia. in attesa di un giorno migliore.
forse, in attesa di oggi.è 9 agosto, la vigilia della notte di san lorenzo. sono le sette del pomeriggio ed ho fame.
sposto un pacco di cereali molto poco appetibili, di quelli che servono per far cagare.
in fondo allo scaffale c'è quella che sembra una bottiglia di spumante. come cazzo ha fatto a finire lì?
sembra una bottiglia di prosecco, ma il tappo non ha la gabbietta... la tiro fuori.
no, non è "finita lì": c'è stata messa!
ce l'ha messa mia madre: credo nascosta. in un modo o nell'alto accantonata lontano-dagli-occhi-lontano-dal-cuore.
domaine de la charmoise, tourayne camaisl'ultima bottiglia portata dal FrenchOne nel suo ennesimo, ultimo, viaggetto a scrocco in terra italica. risale a novembre, novembre di quest'inverno.
vendemmia 2007, in bottiglia numerata n°396
13 gradi, servire freddo
riempio la vasca: acqua bollente, olio di magnolia, bollicine.
porto il pc in bagno, lo metto sul cesso, sparo il volume al massimo: mezzanine, in loop.
poggio un piattino bianco sul bordo della vasca, e ci metto dentro un paio di candele.
accendo l'incenso al cardamomo, quello in coni con il piccolo bracere di ghisa, quello che mi hai comprato nel marchè dietro casa perchè c'ero rimasta male per la storia della cena e tu avevi deciso di cedere alle bassezze e farti perdonare tramite ragali...
apro la madia e prendo il migliore ballon che ho in casa, quello immenso, di cristallo. una di quelle cose così preziose da non essere mai e poi mai usate, come il corredo, destinato a rimanere sotto qualche crollo post terremoto, o ad essere rotto in qualche trasloco.
stappo con rabbia e precisione, il rumore sordo è lo stesso di ogni sera e di ogni mattina e di ogni sbronza e di ogni cena di natale-pasqua-capodanno-compleanno... ma stavolta ha uno strano tono sacrale da celebrazione di funzione profana... risuona, nella casa vuota, e cade con un tonfo sordo sul fondo di una cavità che è stata scavata a 4 mani e che continuo a cercare di riempire... ma che rimane sempre un po' vuota
mi riempio il bicchiere al di là di quanto il galateo potrebbe accettare.
il colore è rosso intenso, così scuro da essere quasi opaco. sembra virare sul marrone. il calice rimane macchiato, il vino scorre sulle pareti come resina.
è buonissimo!
solo i francesi ti sanno regalare con noncuranza vini così buoni... come se ti stessero offrendo un kleenex o come se ti stessero porgendo l'accendino.
entro nella vasca e mi calo sotto per bagnare i capelli, e far entrare l'acqua bollente fin dentro alle radici. fin dentro al cervello... a lavare via tanti cattivi pensieri tristi.
una sola mano resta fuori, asciutta: un artiglio aggrappato attorno al calice brilla, nella luce dell'unica candela.
alcune cerimonie funebri vanno celebrate con tutti gli accorgimenti del caso...
e quindi brindo alle case vuote.
ai parenti in viaggio.
alle estati passate a caserta aspettando l'attimo cosmico di decisione collettiva che non arriva mai.
brindo ai viaggiatori immobili, all'attimo in cui ho deciso di curarmi di qualcuno che non fossi solo io stessa.
ai soffiatori di bicchieri da vino, a murano... o dovunque essi siano!
ai francesi persi sui pirenei.
e a mia madre... che mi conosce più dei palmi delle sue stesse mani... e che quest'inverno aveva capito che, forse, era il caso di nascondere quella bottiglia. in attesa di un giorno migliore.
music: Squarepusher, Go Plastic, I Wish You Could Talk
photo: pfe guig, round 1
photo: pfe guig, round 1
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